Prigionieri di fantasmi

Nei suoi “Pensieri” il filosofo e scienziato francese Blaise Pascal affermò che noi umani siamo impossibilitati di vivere pienamente il presente perché troppo occupati ad inseguire e anticipare il futuro che tarda a venire e a trattenere e pensare al passato che troppo presto sfugge.
Schopenauer afferma invece che futuro e passato sono delle illusioni e che in realtà esiste solo il presente. Tutto il tempo è un presente continuo in cui la nostra mente si rappresenta un passato attraverso i ricordi e un futuro attraverso l’attesa. Questo mentre Heidegger sostiene che l’Uomo non è altro che una corda tesa verso il suo futuro che altro non è che il destino di morte, un essere nato per la morte e che cerca distrazioni da questo momento fatale in una modalità inautentica dell’essere-proiettato-nel-mondo.
Si tratta di interpretazioni idealistiche.
Molto più realistica è la folcloristica definizione di presente come illusione fatta dal noto filosofo-attore Luciano De Crescenzo nel suo film “32 dicembre” in una scena in cui fa notare come il presente passa in un battito di mani: nel momento in cui lo cogliamo, lo percepiamo, esso è già passato.
E in effetti, a ben rifletterci, è così.
Il presente è solo un’illusione in quanto nel momento in cui lo cogliamo – o così sembra – è già andato via, è già passato.
 E infatti di passato si tratta. E cos’altro potrebbe esistere realmente se non una traccia mentale, un ricordo? E cos’altro è un ricordo se non la traccia del passato?
Il futuro non è per sua natura in quanto è ciò che ancora non è, il presente è solo il ricordo di un momento passato da poco e che abbiamo appena colto. Così i momenti che si avvicendano nella nostra mente costituiscono i “presenti” che via via si accumulano nella nostra memoria sedimentandosi nel “passato”. Passato che altro non è che un insieme di “presenti” accumulati, “archiviati”.
Esiste, quindi, solo il passato. Solo il passato è reale nella nostra mente come memoria che è l’archivio di un presente continuamente percepito, elaborato, interpretato e archiviato. E solo quando è stato archiviato che noi lo cogliamo e comprendiamo, come presente, per un attimo, e poi subito dopo come passato.
Anche il passato, però, non è qualcosa di reale fuori di noi in quanto esiste nella nostra mente come memoria e non certo come momenti reali. Esiste quindi solo la memoria di una mente che si rappresenta illusoriamente concetti astratti quali “passato”, “presente” e “futuro” e in cui colloca i suoi ricordi nella categoria “passato”, le sue aspettative nella “cartella” denominata “futuro” e quegli attimi che continuamente percepisce per pochi secondi come presente, quei momenti passati da poco, nella fuggente stanzetta chiamata “presente” dove momenti passano in continuazione dai sensi (interni ed esterni al nostro corpo) e dalla nostra mente per correre nella contigua stanzetta del passato.
Memoria e immaginazione costituiscono la successione del tempo così implacabilmente che non permettono fughe, arresti o stravolgimenti di sorta.
E quanto più solida e ben costruita ed efficiente è la memoria; quanto più vivida, forte e brillante è l’immaginazione; quanto più lucida, consapevole e cosciente è la mente che fa uso di memoria e immaginazione, tanto più il passato ci sembra reale e i ricordi che lo compongono ci inseguono e ci fanno rivivere momenti che più non sono ma che in noi sempre rimangono. O meglio, rimangono i ricordi, appunto, che sono una specie di fantasmi della nostra mente, fantasmi di momenti passati, morti e risorti solo come spettri che ne richiamano l’esistenza ormai finita, durata pochi attimi.


Ma dove sono quei momenti? Che fine hanno fatto?
Non sono nella nostra mente che ne conserva solo i “fantasmi” come ricordi. Non sono fuori di noi altrimenti continueremo a percepirli come una sorta di presente interminabile, cosa che sembra in sé contraddittoria.
Forse, fuori di noi, fuori dalla nostra mente, dalla nostra percezione, il mondo fisico non è che un momento indefinito, un fluire di eventi o una specie di ragnatela di attimi, un planisfero di eventi messi lì tutti insieme che la nostra mente percepisce come successione temporale?
Ma, allora, quei momenti dove sono? Perché non li vediamo più? Perché non li viviamo più? Cosa li ha resi “invisibili” ai nostri sensi e rintracciabili solo come ombre nei nostri ricordi che via via sbiadiscono?
Sono “morti” come muore una persona, un animale, un essere vivente? Sono come esseri viventi?
Cosa vuol dire esattamente che quel dato momento, di cui conserviamo lo “spettro”, il ricordo che la nostra memoria gelosamente custodisce o sciattamente getta via, è “passato”, è “andato via per sempre” e che non “tornerà”? Ma passato dove? Dov’è ora?
E come può esisterne un “fantasma”, un ricordo nella nostra mente? Ricordo che ci fa ripensare quel momento ma che solo illusoriamente possiamo asserire di “riviverlo”. Perché in realtà neanche il ricordo più vivido ci fa davvero rivivere nessun momento passato. Perché noi non siamo realmente in quel momento ma siamo immersi in altri momenti che continuamente si succedono e trascorrono, vanno via aggiungendosi a quelli di cui già da tempo possediamo il ricordo.
I momenti non si possono rivivere.
Si vivono una volta sola per poi fuggire via chissà dove, dissolversi, lasciando in noi i loro… ricordi.
L’unica cosa che può fare quel ricordo è rappresentarci quel momento, farcelo rivedere a mente, come in un film proiettato dentro di noi coinvolgendo, però, non solo vista e udito ma anche gli altri sensi. E laddove la memoria viene a mancare, col tempo, sopperisce l’immaginazione. Perché la memoria col tempo vede sfocare i suoi ricordi che via via perdono pezzi. E allora interviene la sorella immaginazione a tappare le buche.
Tutta la nostra esperienza di vita altro non è che questa composizione a quattro mani di memoria e immaginazione. Forse siamo prigionieri di un passato illusorio, immaginato, spettrale ma allo stesso tempo vivo. Un passato che si sfoca ma che ci insegue e che tratteniamo ricordando.
Forse non siamo altro che prigionieri di fantasmi.

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