La sacralità della vulva

Dal sito di Uomini 3000 (www.uomini3000.it)
Da molto tempo nel nostro diritto costituzionale, così come in filosofia, si dibatte della gerarchia dei valori fondamentali: difatti è ormai un principio comune, anche nella giurisprudenza della nostra Consulta, che quando due diritti costituzionali confliggono si deve cercare di contemperarli e, ove non sia possibile, si deve dare prevalenza a quello gerarchicamente più importante.
In questo quadro di priorità, nella nostra cosiddetta "società civile" si sta affermando l'idea di un nuovo valore fondamentale, dal quale discendono diritti inviolabili che dovrebbero prevalere in modo assoluto rispetto a tutti gli altri valori e diritti. Compresi quelli che normalmente si considerano sacri e intangibili, come la vita, la salute, la libertà di espressione e di autodeterminazione della persona in tutte sue varie declinazioni.
Lo abbiamo visto chiaramente come su una cartina di tornasole, quando è sorta la polemica sulla cosiddetta "infibulazione dolce", proposta da un medico di origine islamica che lavora da anni sul problema a Firenze.
L' idea di questo medico era semplice e pragmatica: vi è un numero notevole di giovani donne immigrate in Italia, specie da Paesi africani, che non rinunciano per sé e per le proprie figlie alla sia pur barbara tradizione della infibulazione. Quest'ultima, oltre a dare luogo a una mutilazione permanente, spesso viene praticata in assenza di alcuna precauzione medica ed igienica, con conseguenti rischi per la salute generale se non per la vita.
Si sarebbe quindi trattato di sperimentare nei presidi sanitari pubblici l'offerta di una infibulazione simbolica, non mutilativa e igienicamente sicura (praticamente una piccola incisione sulla vulva), che secondo questo medico - che ha studiato il problema sul campo - per molte donne sarebbe stata ritenuta sufficiente a salvaguardare la loro tradizione.
Era una proposta ispirata da valori tipicamente occidentali, quali la tutela della vita, della salute, del pluralismo culturale e religioso. E comunque si basava sul principio del male minore.
La levata di scudi che c'è stata da più parti fa capire che in Occidente sta emergendo un principio fondamentale che prevale su tutti i valori di cui sopra, benché gli stessi siano alla base della nostra civiltà (come vediamo in particolare di questi tempi di conflitto con l'Islam): si tratta del principio della libertà sessuale femminile.
Femminile, e non libertà sessuale tout court, altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui nessuno pone obiezioni riguardo alla circoncisione maschile, che è altrettanto diffusa non solo nell'ebraismo ma anche nei Paesi islamici dove si pratica l'infibulazione, con le stesse carenze igieniche. La circoncisione è accettata al punto tale che si potrebbe tranquillamente praticare anche in strutture sanitarie pubbliche, per evitare ogni problema sanitario.
La libertà sessuale femminile è invece tanto importante che non può essere violata nemmeno a livello simbolico, come avverrebbe con la infibulazione dolce.
E ' una libertà - o pretesa tale - che prevale anche sui diritti alla vita e alla salute, proprio quelli che si era ipotizzato di tutelare nei confronti delle donne che altrimenti rischiano di subire l'infibulazione "hard" senza alcuna tutela igienica, e di venirne pregiudicate seriamente.
Essa prevale sul diritto all'integrità del corpo, che viene lesa dall'infibulazione hard e non da quella dolce.
Prevale sul diritto di libertà religiosa, di espressione del pensiero, di uguaglianza sostanziale: proprio quei diritti rivendicati da numerose donne islamiche in quanto considerano l'infibulazione una pratica da rispettare per non venire penalizzate socialmente nel loro ambiente.
Prevale persino sulla stessa libertà della donna, tanto importante per altri versi: sembra infatti che per l'infibulazione dolce non si sia nemmeno preso in considerazione il principio del male minore, che a suo tempo gli stessi che si sono scandalizzati per la proposta del medico fiorentino invocavano a gran voce per legittimare l'aborto di Stato.
Tutti ricordano come ai tempi del referendum sull'aborto molte di quelle stesse persone adombrassero - non senza un certo strepito - i rischi delle mammane e dei ferri da calza, ai quali si temeva che le donne italiane avrebbero continuato ad affidarsi, se non si fosse concessa l'interruzione volontaria della gravidanza, pubblica e gratuita.
Ancor oggi, come si è visto di recente, la predetta interruzione di gravidanza è tanto tutelata da suscitare scandalo persino a fronte dell'idea di fare pagare per essa almeno un ticket, come avviene per le altre prestazioni sanitarie non strettamente necessarie.
Insomma, pare che persino la cosiddetta libertà di autodeterminazione della donna sul proprio corpo, tanto sacra in Italia e in Occidente, debba cedere di fronte al valore prevalente della sua libertà sessuale.
Dalle nostre parti si è dibattuto molto, e tuttora si discute, di problemi come l'aborto e la fecondazione assistita: anche questi hanno molto a che fare con il corpo femminile e la sua inviolabilità, e anzi si tratta di pratiche che di norma sono persino più invasive di quanto non lo sarebbe l'infibulazione dolce.
Sarà perché in quei casi si tratta di esigenze delle nostre evolute donne occidentali, ormai liberate e padrone del loro futuro, e invece quando si parla di infibulazione ci si riferisce alle scelte tribali di donne immigrate e povere, ancora non "liberate" e sottomesse all'uomo, e quindi estranee alle piacevolezze della nostra civiltà.
Tuttavia è indubbio che, quando si parla di aborto e di fecondazione assistita, la libertà di autodeterminazione della donna è spesso l'argomento decisivo a favore della legittimità degli interventi più invasivi.
Ma per quanto riguarda l'infibulazione dolce, no: il solo sospetto per cui le donne che la chiedono non siano sessualmente "libere", basta a rendere esecranda l'idea di intervenire anche solo simbolicamente sulla loro vulva.
Di fronte alla libertà sessuale, sembra che persino gli altri fondamentali diritti femminili debbano cedere: la donna deve essere sì libera, ma di questa libertà deve fare un uso compatibile con l'idea occidentale della sua sessualità.
Quando invece vuole usare della propria libertà per pregiudicare - anche solo simbolicamente - quel fondamentale valore, allora dovrebbe essere difesa persino da se stessa.
Ciò che conta ancor più della salute e della libertà di scelta, a quanto pare, è il simbolo: la pienezza e l'intangibilità della vulva - simbolo del potere sessuale femminile - e ancor più del clitoride - simbolo del suo diritto al piacere - che in quanto tali devono essere ancora più preservati dell'utero.
Una volta quest'ultimo era rispettato in quanto sede sacrale della maternità e quindi della vita. Ma ora - come ha insegnato il femminismo fin dai tempi del "Secondo sesso" della de Beauvoir - l'utero passa in secondo piano in quanto è anche simbolo della "prigione del corpo" nella quale la donna sarebbe stata rinchiusa dalle società maschiliste.
Oggi invece è nella vulva e nel clitoride che risiede il potere al quale ognuno si dovrebbe inchinare.
M. F.

Commenti

  1. il vulvocentrismo che pervade la società odierna è davvero preoccupante!

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