Fame nel Mondo

Centomila persone muoiono di fame ogni giorno!

“La scorsa settimana (Novembre 2006) il report annuale della FAO (Food and Agriculture Organization è l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura la cui missione è elevare i livelli nutrizionali, incrementare la produttività agricola, migliorare la condizione delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita dell’economia mondiale) ha messo in luce un tremendo scandalo: aumenta la fame nel mondo nonostante le possibilità tecnologiche di poterla eliminare per intero. Si stimano ogni giorno 854 milioni di persone denutrite, mentre altre 100.000, invece, muoiono di fame o di cause a essa legate. Si stima altresì che ogni 5 secondi un bambino con meno di dieci anni da qualche parte nel mondo muoia di fame.
Questo avviene in un pianeta abbondante di risorse dato che la FAO stessa sostiene che il nostro pianeta potrebbe facilmente soddisfare le esigenze alimentari del doppio della popolazione attuale che è di circa 6 miliardi”. Conclusione: la fame non è una fatalità, ma un danno causato.
Oggi per la prima volta nella storia la fame può essere veramente sradicata grazie al fantastico sviluppo dei mezzi di produzione nel settore agricolo e quindi il fatto che un bambino oggi muore di fame, mentre noi stiamo scrivendo, da qualche parte nel mondo, va considerato come un barbaro assassinio!
Le cause di questo massacro orrendo che avviene nella più totale indifferenza sono molte e molto complesse ma la causa principale rimane il debito estero dei paesi del terzo mondo. Tutto il denaro che tali paesi potrebbero guadagnare esportando cotone, caffè o altre risorse naturali va direttamente a “servire il debito” ossia in pagamento a grandi banche finanziatrici azzerando il capitale per investimenti che potrebbero permettere a detti paesi di divenire auto sufficienti nella produzione alimentare (per es: nel 2003 gli aiuti internazionali ricevuti da 122 paesi in via di sviluppo contavano per 54 miliardi di dollari; il rimborso del debito dai paesi in via di sviluppo ai paesi donatori è stato di circa 436 miliardi di dollari) (Il 1 maggio 2007, il Venezuela estingue il debito con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Anticipando di cinque anni l'estinzione della cifra dovuta agli organismi finanziari internazionali, le casse della repubblica bolivariana hanno risparmiato almeno 8 milioni di dollari Usa di interessi e aperto un ciclo storico politico nuovo. Adesso rimane un altro obiettivo: la costituzione del Banco del Sur assieme a altri paesi latino-americani).
Oltre all’indebitamento sono da annoverarsi come cause anche le politiche agricole delle nazioni industrializzate come l’Europa e gli Usa che grazie ai loro 349 miliardi di sussidi annuali a questi paesi, continuano a delocalizzare (dumping, Il “dumping” è un termine usato nella letteratura economica per indicare una situazione dove, come risultato di aiuti pubblici (sussidi), un prodotto è venduto, su un dato mercato e in un tempo preciso, ad un prezzo così basso per cui i produttori locali difficilmente possono competere con esso. Ad es., una buona parte dei vestiti usati indossati dagli africani e' di provenienza europea o nordamericana. Sono i vestiti usati poco e in buone condizioni, dismessi da brave persone che si sono prese la briga di non mandarli in discarica.Questi vestiti si chiamano "mivumba" e si dice che un terzo degli africani li usi. L'arrivo dei mivumba ha messo fuori mercato la maggior parte delle industrie tessili e di abbigliamento africane, incapaci di competere con la merce regalata.) la produzione di cibo in Africa dove è possibile comprare frutta italiana, francese o portoghese alla metà o a un terzo del prezzo dello stesso prodotto sul mercato locale.
(Sul finire degli anni ’60 le multinazionali occidentali cominciano a smantellare i propri stabilimenti nei paesi di origine e a trasferire la produzione in zone del mondo dove il processo produttivo è meno costoso. Si trasferiscono in zone con legislazioni di gran lunga più permissive per quanto concerne la manodopera e l’ambiente. I paesi poveri iniziano addirittura a competere tra di loro attirati dalla possibilità di miglioramento del livello di vita del proprio paese, e cominciano a modificare le proprie norme sugli investimenti e a offrire agevolazioni fiscali incentivati altresì dai “miraggi” delle grandi banche finanziatrici. Purtroppo nella maggior parte dei casi, però, la delocalizzazione è avvenuta attraverso il subappalto, che consiste nell’affidare la produzione, o una parte di essa, a imprese terze. Ciò consente di ridurre i rischi connessi ai singoli mercati (sconvolgimenti politici, catastrofi naturali) e spostare la produzione da un paese all’altro a seconda delle convenienze. Così, se in un paese il costo del lavoro aumenta in seguito alle richieste dei lavoratori, non si fa altro che affidare la stessa produzione ad una fabbrica che accetta di produrre lo stesso bene a tempi più brevi e a costi minori. Le ditte subappaltate aumentano volume ed orario di lavoro con metodi poco ortodossi, trascurano le norme di sicurezza e sfruttano i lavoratori più malleabili come donne e bambini. Il metodo del subappalto è talmente usato tra le multinazionali che ormai quasi tutte queste società non possiedono più stabilimenti produttivi, limitandosi ad essere proprietarie di un marchio e del suo sfruttamento commerciale e ad appaltare tutto il lavoro, lavandosene le mani... )
In questo modo l’agricoltore africano finisce per lavorare con la sua famiglia quindici ore al giorno sotto il sole cocente senza la minima possibilità di raggiungere un reddito sufficiente a coprire le esigenze basilari della sua famiglia e nonostante ciò, molte persone in Italia, con l’ipocrisia loro congenita, si meravigliano del perché milioni di giovani africani, talvolta intere famiglie, cercano di raggiungere con le zattere le vicine isole europee come le Canarie o la Sicilia. Molti annegano in mare o raggiungono i lidi sperati in uno stato pietoso.”

Tratto dall’intervista di Radio Vaticana a Jean Ziegler autore del”L’Impero della Vergogna”, Marco Troppa Editore, Maggio 2006. Traduzione, note e commenti in corsivo di Marco DE BERARDINIS.
Perugia, 1 maggio 2007
Apparso su CIAOEUROPA Anno XVI n.7 15 Giugno 2007

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