Fiasco o rivelazione?

Una realtà dei fatti che oggi scotta ammettere e riconoscere è quella della deriva sessista e distorta che ha preso un movimento che già era nato non del tutto imparziale e bene intenzionato, ossia il femminismo.
Dalle rivendicazioni di pari diritti e uguaglianza dinnanzi alla legge, rivendicazioni per fortuna pienamente ottenute, si è passati via via a provvedimenti faziosi e artificiosi per costringere e forzare il popolo, le aziende, le istituzioni e quant’altro a rispettare dei canoni di parità numerica tra uomini e donne in vari ambienti di lavoro e di rappresentanza sociale. Canoni che, lungi dall’essere rispettati, in molti campi sono stati sempre più disattesi nella realtà e infatti la realtà ha visto da un lato la uniformazione “intergender” di molti posti di lavoro, ma in una gran parte di settori vi è stata una sempre maggiore specializzazione tra i due sessi. Così ci troviamo settori come l’istruzione, l’editoria e la magistratura a prevalenza femminile, mentre il management aziendale, la politica, ma anche lavori alquanto “scomodi” come minatori, edilizia, pubblica sicurezza e forze armate (intendo a combattere in prima linea e non a fare call center…), a prevalenza maschile. Ma i sogni di emancipazione totale femminile sono stati per molti versi disattesi. Da una parte è vero che le donne hanno l’occasione di farsi una vita senza dipendere dagli uomini, ma è anche vero che per molti versi questa dipendenza, più che diminuire, è aumentata. È aumentata la libertà di scegliere e il ventaglio di scelte a disposizione delle donne ma una vera indipendenza, con relativi oneri oltre che vantaggi, non esiste. E per molti versi a sostituire il marito o altri uomini di famiglia, ci pensa lo stato. Lo stato ha preso il posto in molte situazioni degli uomini della famiglia nel garantire benessere ai cittadini in generale, ma alle donne in particolare. Malgrado la crisi dello stato sociale per i cittadini e per i lavoratori, aumenta il numero dei consultori e dei servizi offerti alle donne. Ma se le donne fossero davvero tanto intraprendenti e indipendenti non avrebbero certo bisogno di servizi e accortezze ad hoc per loro che garantiscano la loro indipendenza.

Femminismo e femminilismo
Innanzitutto c’è bisogno di fare un distinguo tra due aspetti del fenomeno, il “femminismo” e il “femminilismo”. Il primo consiste nell’esaltazione della donna in sé per sé per il semplice fatto che è un individuo di sesso femminile, questo a prescindere dal suo modo di essere donne, il secondo invece consiste nell’esaltazione delle caratteristiche definite femminili. In quest’ultimo caso non ha importanza chi è possiede queste caratteristiche ma le caratteristiche in sé. Potrebbe essere anche un uomo a possederle non ha importanza, purché le possegga.
Il movimento che viene definito “femminismo” contiene entrambi questi aspetti miscelati in maniera diversa a seconda di correnti, contesti e periodi vari. Ma a mio parere l’aspetto che ha preso il sopravvento è stato il primo, quello del “femminismo” ossia l’esaltazione della donna in quanto donna, e questo lo dico per le seguenti ragioni:
1. già il nome la dice lunga. Se vi fosse stata l’intenzione di esaltare vere o presunte doti femminili probabilmente si sarebbe parlato più di movimento femminili sta che non femminista. Ma questo è l’aspetto meno importante della questio.
2. L’aspetto più importante sta nel fatto che il femminismo riconosce alle donne la piena libertà di esprimersi come meglio credono anche se esulano da modella veri o presunti di femminilità.
3. E infatti sotto molti aspetti il femminismo ha attaccato proprio le caratteristiche femminili forse più fondamentali non di rado imponendo modelli di donna mascolinizzata.
E forse per porre una toppa a questo fatto che negli ultimi anni si esalta una forma distorta e superficiale di “femminilità”, vista più come operazione di cosmesi che non altro. Oggi la femminilità consiste nel rossetto e nella corsetteria. Quando il contenuto viene a mancare allora si tenta di colorire la confezione. Una mera operazione estetica, di moda, di abbigliamento per illudere la gente che femminilità esiste ancora?
È probabile che la mascolinizzazione della donna abbia comportato in esse una certa crisi di identità che le abbia quindi spinte e ricorrere a questo mascheramento per camuffarsi ancora da “donne”. Preciso che ciò che dico non vuol dare alcun giudizio di valore e di merito riguardo la morte della femminilità. È probabile che questa abbia fatto il suo e non tornerà più, un fatto di evoluzione sociale magari, ma non starò certo a rimpiangerla. Ciò che ci tengo a precisare è che se davvero le donne ci tenessero come ultimamente affermano alla loro “identità femminile” allora questa è cosa davvero molto patetica e fragile visto che necessita di una simile operazione di mascheratura per potersi illudere di esistere ancora.
Ma anche riguardo quest’opera di mascheramento ce ne sarebbe da dire, basti guardare alla moda: innumerevoli capi di abbigliamento oggi femminili non sono altro che riproposizioni di vecchi capi di abbigliamento maschili. Il che la dice lunga sull’originalità delle doti “femminili”. La nuova “femminilità”, oltre a un estetismo portato all’estremo fino al limite (e forse anche oltre) del grottesco, è forse un prodotto contraffatto? Una mera imitazione e adattamento di vecchie mascolinità? Potrebbe anche darsi…

Come e perché è nato il femminismo – le principali interpretazioni
L’era industriale e postindustriale ha portato con la sua tecnica un mutamento alquanto profondo nella società umana e nei rapporti tra gli esseri umani in generale e tra i due sessi in particolare. Questo mutamento nei rapporti ha avuto il suo sbocco principale in quel movimento di genere che ha preso il nome di “femminismo”. Ma come mai un mutamento nei rapporti tra entrambi i generi ha preso come punto di riferimento solo un genere e cioè quello femminile? Un tale mutamento non avrebbe dovuto far nasce un movimento che coinvolgesse entrambi i sessi e facendo proprie le narrazioni di entrambi i sessi?
In realtà il femminismo coinvolge entrambi i generi ma solo che ha inquadrato i rapporti che tra essi intercorrono in un’ottica prevalentemente femminile, o sedicente femminile. Esistono ora diverse spiegazioni sul fatto che il mutamento dei rapporti tra generi abbia preso la strada quasi univoca del femminismo e non di entrambi i sessi e quindi di un “generismo” o un “maschilfemminismo”.
La prima spiegazione è la più classica e più diffusa, e cioè che il femminismo avrebbe assunto il ruolo di una sorta di “ribellione” di un sesso oppresso dall’altro. Questa interpretazione vede la società come struttura di potere retta dal genere maschile e magari anche ritagliata per gli interessi maschili, mentre quello femminile sarebbe il sesso “oppresso”, eternamente vittima. Il bene contro il male che non è solo la parola “maschio” in inglese ma anche il male in terra in italiano.
Non è che sia mio grande interesse contestare questa visione della storia, anche perché a dire il vero l’idea di appartenere al sesso “dominante” mi provoca tutt’altro che disgusto, anzi… Del resto un “dominio” come quello maschile che sarebbe durato per tanti millenni la direbbe lunga sulle capacità maschili di conservare e gestire il potere. Non solo, ma un dominio che si sarebbe protratto per tutto questo tempo e che sarebbe poi o “caduto” o almeno “affievolito” (o semplicemente mutato?) fa sorgere alcune domande. Per esempio perché le donne si sarebbero “ribellate” solo negli ultimi decenni? La risposta più ovvia è che la tecnologia che si è andata sviluppando negli ultimi decenni ha consentito (o costretto?) di produrre sempre più risorse senza l’ausilio della forza fisica. E quindi questo ha consentito a sempre più donne di partecipare al ciclo produttivo in posti più vicini ad esso e quindi meno distanti come erano le pareti domestiche. Ecco che quindi per amor di verità dovremo fare alcune osservazioni su questo atipico dominio maschile. Per esempio dobbiamo osservare che i lavori più rischiosi e faticosi sono sempre stati appannaggio maschile. Il che contraddice il tipico rapporto tra dominatori e dominati. Più controversa la questione delle armi, e cioè del fatto che a combattere sui campi di battaglia e quindi a morire o rischiare di morire o di restare mutilati, erano sempre gli uomini e non le donne. Quindi si potrebbe notare che negli antichi imperi erano i cittadini liberi e non gli schiavi ad andare in guerra. La guerra era appannaggio dei dominatori quindi e non dei dominati. Ma molte particolari forme di rispetto e protezione che in passato erano e tuttora sono riservati alle donne, spesso si discostano dall’ottica dei dominatori-dominati.
E quindi per amor di verità e non per una qualche “giustificazione”, che il genere maschile non ha alcun obbligo di fornire, che dovremo prendere in seria considerazione altre interpretazioni del passato rapporto tra i due sessi che oggi stanno prendendo piede, malgrado la grancassa mediatica ci propini a più non posso lo stesso ritornello. Interpretazioni che se non intendono negare quella del “dominio maschile” intendono perlomeno introdurre ulteriori variabili fin troppo trascurate. Una di queste è l’accondiscendenza maschile verso le donne che ha comportato il silenzio degli uomini favorendo la femminilizzazione del cambiamento dei rapporti tra i generi (http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=11091). Questa ottica introduce un elemento innegabile nell’ambito dei rapporti tra i sessi, e cioè il normale istinto di protezione che gli uomini hanno verso le donne come gli adulti verso i bambini. La deriva femminile, e quindi sessista e non umanitaria e globale, che quindi avrebbe preso il mutamento dei rapporti tra le due metà del cielo sarebbe dovuta all’istinto di protezione maschile verso il genere femminile, istinto di protezione che può manifestarsi anche attraverso l’accondiscendenza. Come un adulto spesso si sente spinto ad accontentare i bambini, così gli uomini si sono sentiti e si sentono spinti ad accontentare le donne.
Del resto parrebbe che un mero calcolo egoistico abbia spinto le donne ad avanzare le proprie rivendicazioni proprio quando la tecnica consente a sempre più persone di partecipare alla produzione e quindi di poter avere un reddito autonomo, senza arare la terra e svolgere mansioni pesanti. Quindi un mero calcolo egoistico pare che abbia spinto le donne a intraprendere questa strada, mentre il “dominio” maschile parrebbe essere tutt’altro che un dominio (se davvero può chiamarsi tale) egoistico. Neanche la cosiddetta “dipendenza” sessuale che gli uomini avrebbero verso le donne dovuta a un maggior appetito sessuale maschile spiega la deriva femminista. Si, perché se lo volessero gli uomini, anzi una esigua minoranza di essi, potrebbe piuttosto facilmente schiavizzare tutte le donne del pianeta e quindi poter soddisfare i propri appetiti sessuali. Ma se questo non avviene, se anzi alle donne si concedono sempre più privilegi, è perché questa volontà maschile evidentemente non c’è. Certo c’è anche da considerare la competizione tra maschi che aggrava la situazione, ma questa può facilmente essere gestita perché da sempre gli uomini hanno mostrato di saper fare alleanze e accordi vari. Quindi anche se la competizione tra uomini rafforza la posizione delle donne, è anche vero che se non fosse per la volontà di proteggere e vedere felici le donne, queste comunque non se la passerebbero per niente bene.
Pertanto alla fine risulterebbe che il rapporto tra maschi e femmine sia un po’ come quello tra adulti e bambini. Quando i secondi fanno i capricci i primi fanno di tutto per accontentarli, però poi passano sempre per egoisti, prepotenti e prevaricatori.

Qual è stata la vera funzione del femminismo?
Durante la rivoluzione industriale le classi sociali progressiste, borghesia in primis, erano impegnate in una battaglia all’ultimo sangue contro i vincoli feudali imposti da una classe, quella dei feudatari, che era paladina di un ordine sociale ormai in pieno disfacimento. Premeva più di ogni altra cosa eliminare tutte quelle restrizioni che facevano in modo che una marea di uomini e donne fossero impediti di spostarsi “liberamente” e quindi lasciare le terre feudale e alla merce di circolare con rapidità e senza impedimenti di ogni sorta.
Lo stato nazionale è stato il suggello della rivoluzione borghese, la nascita di un mercato più o meno omogeneo e vasto in cui merci, persone e capitali potessero spostarsi in base ai bisogni capitalistici. Ma per completare l’opera di capitalizzazione della società tutto doveva divenire arbitrio del libero mercato e sottoposto alle sue leggi. Tutto doveva essere smembrato e costituire atomi “liberi”, elementi sparsi soggetti a compravendita.
Una delle istituzioni che in buona parte resisteva agli attacchi del capitalismo avanzante era la famiglia. È vero che già negli anni ’60 del XX secolo in buona parte la famiglia nucleare capitalistica aveva sostituito l’antica famiglia agricola, ma è anche vero che fino ad allora la gran parte della popolazione di molti paesi era ancora agricola e si apprestava a divenire urbana.
Ecco l’esigenza di sgretolare l’ultimo baluardo feudale, la famiglia. Ora io non voglio dire che il crollo dell’istituzione familiare, che ancora oggi perdura, sia un fatto di per sé né negativo né positivo, ma solo che sia un fatto evolutivo, ossia conseguente l’evoluzione della società. Ma quando crolla una certa istituzione, soprattutto importante come lo è la famiglia, necessiterebbero istituzioni nuove che la sostituiscano e si sobbarchino i compiti. Questo oggi non c’è ancora. Tutti i tentativi di sostituire la famiglia, come le comunità del libero amore e roba varia, sono falliti, forse perché contrastati da una società ancora non pronta e ostile, forse perché non conformi al modo di essere delle persone, ma sono falliti. Così la famiglia diviene solo un centro di mantenimento finanziario e forse la sua permanenza parziale è più dannosa che del suo crollo definitivo.
Ma ciò che si è verificato nei decenni scorsi è stato lo svincolamento degli individui, che erano preposti all’autorità familiare, da questa forma di autorità. I figli da una parte, ma in particolare le donne. Se le donne una volta erano sottoposte alla tutela familiare, formale o informale che fosse, con la cosiddetta “rivoluzione culturale e sessuale” non lo sono più state. Il capitalismo è entrato fin nelle midolla di questo sistema sgretolandolo e rendendo la donna “libera”. Ma libera di cosa? Libera di vendersi. Non più la famiglia, ma lei decide a chi e come vendersi. La donna è divenuta merce libera. Ma una merce non è libera per il consumatore, ma per il detentore. Una merce libera non è quella merce disponibile a tutti ma una merce il cui proprietario è libero di stabilire le regole di vendita, le condizioni contrattuali. Essendo la donna proprietaria della propria “merce” è diventata libera di stabilire le condizioni della propria vendita. Si perché nel capitalismo non è l’Uomo a essere padrone della merce, ma la merce a essere padrona dell’Uomo.
Il consumatore può appropriarsi fisicamente della merce dietro pagamento del relativo pedaggio, ma la merce si appropria dell’anima del consumatore gratuitamente e ne detta le regole e i moti interiori. Inoltre la donna è una merce “trainante” perché è una merce che consuma e richiede molta “manutenzione”. Così una cospicua fetta di redditi maschili finisce nelle casse di aziende di beni di consumo per donne alimentando il giro d’affari consumistico odierno.
L’operaio è appendice della macchina come il consumatore è appendice della produzione. Ecco la donna che si mette in mostra, che stimola il consumo. Ecco il sesso effeminato sbandierato ai quattro venti. Ecco la deriva sessista del femminismo.
Altra caratteristica della forma merce consiste nella concentrazione in poche mani. Si viene così a verificare che uomini che hanno maggiori “attrattive” si ritrovano ad avere relazioni con un cospicuo numero di donne mentre molti uomini si ritrovano esclusi dal mondo femminile. Alcuni riconducono questo fenomeno alla cosiddetto “maschio alfa” ossia il capobranco che si appropria non solo delle risorse del territorio ma anche delle femmine del branco. Ci sarebbe però da notare che, almeno nei mammiferi, il maschio alfa non viene scelto dalle femmine, ma è una condizione che si determina con le lotte tra maschi. Il vincitore diventa il maschio alfa e si impossessa di tutto o quasi tutto, ma non sono le femmine ad essere “attratte” da lui, come invece avviene nella nostra specie. Nella nostra specie si verifica quasi il fenomeno del “lek” che avviene in molte specie di uccelli, come per esempio per il pavone. Nella stagione degli amori i pavoni maschi occupano degli spazi di terreno, i leck, e aprono le code. Le femmine accorrono dal maschio che per vari motivi attira più femmine. Non solo per le sue caratteristiche, ma anche se per eventi fortuiti alcune femmine iniziano ad accorrere presso un certo maschio le altre non guardano il maschio in questione ma le altre femmine. Se sostituiamo la coda del pavone con un bel macchinone del fighetto di turno (magari un vero cesso, ma sempre col macchinone però...) possiamo renderci conto di quanto una certa porzione di Umanità sia molto più vicina al regno animale di quanto si credi. E in effetti le donne, più che dal potere d’acquisto economico, sembrerebbero essere attratte dallo status dell’uomo, dal suo essere celebre e famoso. Ma il tutto potrebbe anche farsi ricondurre al fenomeno generico della moda e all’innato istinto imitativo degli esseri umani più che a una vera e propria pulsione “sessuale”. Ma il che non esclude certo anche il mero calcolo economico, ossia l’avere un uomo che possa garantire una buona vita per sé e per i figli.
Così il paradigma della donna-merce costituisce forse il fine di quel processo di cui il femminismo che abbiamo conosciuto è stato forse più una pedina che non una guida. Però non bisogna credere che la donna per questo sia davvero libera, perché così come la merce inanimata, anche la donna è sottoposta alle dure e ferree leggi del mercato e a queste ella deve sottomettersi per gestirsi al meglio. Quindi la donna-merce non ha sottomesso l’uomo a sé ma si è sottomessa al mercato, in questo caso del sesso e delle relazioni sentimentali, come l’uomo è stato sottomesso da queste dure leggi di mercato.
Ma perché si è verificato tutto questo? Perché le donne non sono diventate persone pari e uguali agli uomini?

Storia o natura contro la parità effettiva
Come per molti aspetti della conoscenza dei fenomeni umani e sociali, anche in questo campo esistono diverse interpretazioni che possono farsi ricondurre in due principali tronconi. C’è una prima versione che asserisce che per motivi storici le donne hanno un reddito globale minore di quello degli uomini e questo le renderebbe economicamente ricattabili. Altro punto di vista invece afferma che i due sessi hanno impulsi sessuali diversi e questo renderebbe gli uomini sessualmente più ricattabili. Entrambe le argomentazioni non mancano di avere fatti e fenomeni a loro disposizione per appoggiare le proprie tesi e smentire quelle dell’altra “corrente”.
Anche qui mi vien da pensare a quella che Plechanov (http://www.criticamente.com/cultura_arte/Plechanov_Georgij_Valentinovic_-_Scritti_di_estetica.htm) direbbe che si tratta di una “semplice” interazione, e come afferma nel suo libro “La concezione materialistica della storia” (http://www.comprovendolibri.it/ordina.asp?id=1706449) chi si ferma a osservare l’interazione senza andare a scavare ciò che ne sta a monte e che la “innesca”, che la fa causa, è affetto da miopia intellettiva.
Io sono miope e non vado oltre.

Il paradigma del sesso-successo e la “sacralità” del corpo femminile
Ci sarebbero da notare alcune cose riguardo il “reciproco” ricatto sesso-denaro che intercorre tra uomini e donne.
Riguardo l’aspetto quantitativo dei bisogni sessuali dei due sessi non mi sento di avanzare nulla con sicurezza. È molto probabile che il fatto che il sesso maschile abbia per sua natura dei bisogni sessuali parecchio superiori di quello femminile sia vero, ma non lo affermerò né lo negherò.
Ciò che mi viene invece da notare è l’aspetto “qualitativo” di questi bisogni, ossia il modo con cui si manifestano e con cui spingono alla loro soddisfazione, senza asserire che ciò sia dovuto né a fattori culturali né a spinte di origine naturale.
Se ben notiamo tutta la strutturazione sessuale maschile e femminile odierna è improntata in maniera tale da rendere il maschio umano dipendente dal corpo femminile. Quello che voglio dire è che i bisogni sessuali di per sé possono anche essere esorbitanti ma sono facilmente soddisfabili in maniera autonoma. L’autoerotismo è qualcosa che tecnicamente funziona molto bene. Eppure da una parte sembra che gli uomini siano più attratti dal corpo femminile che non dal sesso in sé e in particolare dalle caratteristiche fisiche secondarie femminili (seppure la loro sessualità viene tacciata per “grezza”, “genitale”, “animalesca” e “primitiva”) e dall’altra si infonde la figura che l’uomo che non fa sesso con una donna, a meno che non sia gay, è un fallito. Il termine “segaiolo” indica praticamente l’uomo sessualmente “fallito”. Fa niente se magari un uomo gode molto di più da solo che non con una donna incapace, il fatto che non “riesce” a stare con una donna lo rende “fallito”. Questo mentre l’autoerotismo femminile è segno di grandissima sensualità, così come i rapporti omosessuali femminili. Una donna che “confessa” di fare autoerotismo “merita” encomi da parte del pubblico maschile, come se il fatto che le donne si fanno i ditalini cambiasse qualcosa nella vita degli uomini. Per non parlare poi delle donne che hanno rapporti erotici con altre donne. Così per molti l’autoerotismo, invece di essere un incontro con se stessi e col proprio corpo non diventa altro che una rappresentazione (adorazione?) virtuale dell’immagine femminile. Del resto l’attacco che il femminismo fa alla pornografia, ma anche all’utilizzo dell’immagine femminile a scopi commerciali e mediatici, è solo ipocrita e superficiale. In realtà il femminismo cavalca l’onde di questa dipendenza per i propri scopi reali.
Anche il disprezzo che si ostenta verso l’omosessualità maschile va in questa parte. È vero che gli omosessuali oggi pare siano abbastanza rispettati se non addirittura “venerati” tanto che oggi pare che l’omosessualità faccia “vogue”, ma è anche vero che la società nutre un profondo disprezzo verso la sessualità degli omosessuali maschi, mentre divinizza quella delle omosessuali femmine. Come dire: il sesso non è sesso decente se non c’è almeno una presenza femminile. La sessualità deve in qualche modo girare intorno all’immagine femminile, solo questa merita di essere assurta al rango di “erotismo”. Il sesso senza donne è considerato come qualcosa di estremamente reietto. Anche la stessa pornografia, utilizzata da molti uomini a fini autoerotici, pare volta a una dipendenza dell’uomo verso l’immagine femminile: se non c’è una donna materialmente deve esserci almeno virtualmente. A tutto questo da aggiungersi la persistente passività femminile, in quanto, contrariamente da quanto si afferma, le donne non sono per niente diventate più intraprendenti verso l'altro sesso. Anzi forse se la tirano ancor di più di un tempo.
Ma questo non è un fenomeno dovuto al femminismo, ma risalente a epoche molto precedenti e forse di origine naturale. Solo che il femminismo lo usa per i propri scopi, come la società odierna usa a sua volta il femminismo per i propri. Sono quindi degli stereotipi, o se vogliamo degli archetipi, che risalgono a quella che viene definita dai più come “era patriarcale”. Gli stessi cultori della fine dell’era “patriarcale” non si accorgono di quanto usino tali stereo-archetipi quando definiscono come “fallito”, “frustrato”, eccetera chi osa criticare il “sacro” sesso femminile. La morale consisterebbe nel fatto che solo chi non fa sesso con le donne sarebbe tanto “frustrato” da criticare le donne, le quali invece, essendo il non plus ultra della perfezione in terra, non meriterebbero alcuna critica. Quindi un uomo sessualmente “soddisfatto”, e per essere soddisfatto a un uomo basterebbe che faccia sesso non importa come e con chi, non avrebbe altri motivi per criticare le donne. La presunzione, l’incoerenza e la grettezza di un tal modo di ragionare è evidente. Ma del resto i cultori del femminismo sono i primi che hanno l’interesse a rendere gli uomini dipendenti il più possibile dal genere femminile, oltre che di utilizzare “armi” vecchie e nuove per attaccare chi si oppone ai loro crismi.
Lo stesso disprezzo merita chi non sbava dietro il corpo femminile. Fare commenti adulatori alle donne, specie se nude o seminude, è un dogma che non è pensabile trasgredire. Più che dal sesso il maschio umano sembra “dipendere” dal corpo femminile che costituisce la meta ultima della sua vita. Il migliore indice di realizzazione dell’uomo è costituito dall’avere almeno una donna con cui fare sesso.
Sulla stessa linea d’onda sta il passaggio dall’immagine maschile a quella femminile nell’ideale collettivo, con la conseguente svalutazione dell’immagine maschile. Dalla figura umana dotata di virilità, vigore e possenza dell’uomo classico si è passati al prototipo della modella siliconata a tirata a lucido dei calendari e della pubblicità odierna. La figura della donna è diventata il liet motiv della propaganda mediatica e commerciale di oggi, esaltata, acclamata ed enfatizzata pur nella sua artificiosa ridicolaggine. Questo mentre le poche immagini maschili, in tutte le varie salse, vengono puntualmente criticate e ridicolizzate. L’uomo è “ridicolo” se bello o brutto in quanto uomo, la donna è “grandiosa” bella o brutta (definire “belle” molte “figone” di oggi è una vera offesa alla bellezza!) in quanto donna e ormai adesso in quanto nuda o seminuda.

Gli uomini contro gli uomini, il femminismo è maschio?
La scienza odierna sostiene che la riproduzione sessuata permette una varietà genetica che consente a una specie di affrontare vari cambiamenti e varie situazioni. A fronte di questi vantaggi vi sarebbe il cosiddetto “costo del maschio” consistente nel fatto che vi sia una parte della popolazione, quella maschile, che non si “riproduce”, nel senso che non partorisce direttamente la prole. Il sesso maschile è un sesso “derivato” in quanto il sesso base è quello femminile che potrebbe riprodursi anche per partenogenesi.
In realtà i vantaggi che fanno fronte a questo costo sono innumerevoli e vanno ben oltre la semplice varietà genetica. Basti pensare alla suddivisione sociale dei ruoli che è esistita ed esiste tuttora nella nostra specie, che fa in modo che i due sessi si specializzino, a seconda del proprio ruolo biologico, in diverse mansioni sociali in modo da rendere il massimo per il beneficio della comunità. Oggi in una società tecnologica questa suddivisione può apparirci superflua, ma in passato ha avuto di certo una necessità di non poco rilievo.
Uno dei ruoli in cui i maschi umani si sono specializzati in passato è stato il campo del pensiero. La filosofia, la religione, la scienza sono state per lo più prerogative maschili, in cui gli uomini hanno pensato e agito per sé ma forse soprattutto per le loro donne e i loro figli. E lo stesso vale per la politica e le dottrine che l’hanno alimentata e sostenuta.
Tutto questo lo dico per lanciare una provocazione, cioè che il femminismo non sarebbe un grande strappo alla regola, che non costituisce un vero e proprio pensiero femminile, ma anzi che sia anch’esso un pensiero maschile. Sono gli uomini che si dividono, come sempre, in diverse fazioni sostenenti una determinata tesi. Ci sono uomini profemminist che si ergono a paladini del femminismo e, a torto o a ragione, delle donne in generale, e gli antifemministi che invece contrastano i primi. Una guerra tra uomini tanto per cambiare, in cui i piagnistei e le “proteste” delle femministe non sono altro che lo sfondo, il pretesto su cui si fonda questa ennesima lotta intramaschile.
E infatti sono gli uomini i più accaniti sostenitori del femminismo. Sono gli uomini che attaccano con più furore le correnti antifemministe. Le femministe spesso si limitano a lanciare qualche commento “ironico” (o impertinente?), o al massimo a fare qualche “scaricata” per poi ritirarsi e “ignorare” o fingere di ignorare chi critica il femminismo. Ma le argomentazioni più vaste e più valide, vere o false che siano, e anche più accalorate le forniscono in genere i soggetti di sesso maschile.
Del resto i cortei delle femministe a nulla sarebbero serviti se non vi fossero stati uomini pronti a concedere alle donne legittimi o illegittimi diritti.
Ma perché gli uomini sostengono il femminismo? Cosa li spinge a questo?

Una società che informa ma non forma
La libertà di informazione è uno dei capisaldi della società moderna. Essere liberi di diffondere e di reperire notizie è un elemento importante del nostro vivere quotidiano. Ma oggi notiamo però che siamo sommersi di informazioni nozionistiche, frammentarie, contradditore, incoerenti e di cui è difficilissimo discernere quelle piuttosto vere da quelle piuttosto false.
In questo marasma nozionistico abbiamo perso un elemento importante per il nostro essere, che è la formazione. Oggi la nostra personalità non ha più tempra di carattere, non ha più struttura di principi, non ha più forma. Ciò che dico non ha valore di critica, le finalità che mi propongo sono prevalentemente descrittive e non prescrittive.
Una caratteristica fondamentale della nostra specie consiste nella dimensione cerebrale e nella durata dell’infanzia. Quest’ultima serve per prolungare il periodo di apprendimento e fare in modo che il cervello non solo accumuli informazione, ma si formi in maniera atta a fornire gli strumenti intellettivi idonei ad affrontare i problemi delle vita. Una volta i problemi della vita erano attinenti la stessa vita, la sopravvivenza. Un tempo remoto, e oggi presso i popoli più primitivi, sono previsti rituali iniziatici per gli adolescenti che si apprestano a entrare nella vita adulta.
Oggi questi rituali non ci sono più il passaggio alla vita adulta è diventato in parte più problematico e in parte più indefinito. Anzi pare che vi sia uno spostamento in avanti di questo passaggio, un culto del giovanilismo, della spensieratezza, del non assumersi responsabilità. Questo mentre assumersi responsabilità diventa cosa sempre più dura, sempre più onerosa, sempre più problematica.
Quando in gioco c’era la sopravvivenza, quando la vita era fatta di miseria e di stenti, quando bisognava affrontare povertà, fatica, guerre e pestilenze, la società aveva bisogno di individui dotati di una tempra fisica, psichica, morale. Era una necessità fisiologica della società tradizionale. Nel momento in cui la tecnica ha favorito un enorme aumento di produttività, tanto che i mali della società odierna non stanno nella miseria ma nell’abbondanza, questa tempra non è più necessaria. Anzi ai fini consumistici c’è bisogno di persone viziate il più possibile, che non si accontentano, insofferenti. Il consumo di un bene nasce da una mancanza da un bisogno, se una persona è temprata nel suo carattere i suoi bisogni si esauriscono nel necessario per vivere e formarsi. La forza di carattere e il valore personale sfavoriscono il consumo. Quindi oggi c’è bisogno di tirare su individui deboli e viziati, dei consumatori modello che mai si accontentano e di tutto necessitano. Si viene a formare una società nozionistica che imbottisce di informazioni fini a se stesse ma che non si riconducono a un disegno generale, una società che non tempra il corpo e lo spirito, una società che informa (male) ma non forma.

Attacco la ruolo paterno o conservazione del ruolo materno?
Nel contempo oggi sempre più genitori viziano i figli e li tirano su accontentando ogni loro capriccio, non sanno più dire di no alle loro pretese. Oggi i bambini vanno accontentati a tutti costi. C’è una relativa abbondanza e quindi perché non soddisfare i desideri infantili? Inoltre soddisfare i desideri è alla base di una buona economia consumistica, tira la produzione e quindi gli affari vanno avanti. Un giro virtuoso-vizioso pertanto.
Si nota, come ho già detto, oggi come l’istituzione della famiglia sia sempre più in crisi e questo fa pensare a molti che questo istituto non sia più adatto a formare le nuove generazioni. C’è però il problema che solo quando si presenta qualcosa di nuovo che possa essere all’altezza di sostituire ciò che c’è di vecchio può avvenire un vero rinnovamento, finché non c’è niente di nuovo e il vecchio si degrada, si permane in una lunga fase di stagnazione e di degrado che causa non pochi problemi e sofferenze.
Oggi non c’è niente all’orizzonte di decente che possa sostituire il ruolo della famiglia nella vita dei più giovani e la sua decadenza sta diventando una lunga agonia in cui i ruoli dei genitori diventano sempre meno vantaggiosi e costosi da assolvere.
Nella famiglia nucleare contemporanea il ruolo centrale nella formazione dei bambini è assolto dai genitori, dal padre e dalla madre. Ma i ruoli sia paterno che materno sono in crescente crisi e i lati negativi pare che stiano surclassando i vantaggi che essi comportano.
In una raccolta di suoi pensieri e detti memorabili il poeta Giacomo Leopardi notava che una buona parte di personaggi celebri, di geni e affini sono orfani di padre. Leopardi affermò che la protezione paterna blocca un po' gli uomini nella loro crescita e nello sviluppare della propria personalità datosi che il padre pensa un po' a tutto. L'assenza paterna invece spingerebbe molti uomini a provvedere da sé e quindi anche a crescere.
Il poeta notava:
“Scorri le vite degli uomini illustri, e se guarderai a quelli che sono tali, non per iscrivere, ma per fare, troverai a gran fatica pochissimi veramente grandi, ai quali non sia mancato il padre nella prima età. Lascio stare che, parlando di quelli che vivono di entrata, colui che ha il padre vivo, comunemente è un uomo senza facoltà; e per conseguenza non può nulla nel mondo: tanto più che nel tempo stesso è facoltoso in aspettativa, onde non si dà pensiero di procacciarsi roba coll'opera propria: il che potrebbe essere occasione a grandi fatti; caso non ordinario però, poiché generalmente quelli che hanno fatto cose grandi, sono stati o copiosi o certo abbastanza forniti dei beni della fortuna insino dal principio. Ma lasciando tutto questo, la potestà paterna appresso tutte le nazioni che hanno leggi, porta seco una specie di schiavitù dei figliuoli; che, per essere domestica, è più stringente e più sensibile della civile; e che, comunque possa essere temperata o dalle leggi stesse, o dai costumi pubblici, o dalle qualità particolari delle persone, un effetto dannosissimo non manca mai di produrre: e questo è un sentimento che l'uomo, finché ha il padre vivo, porta perpetuamente nell'animo; confermatogli dall'opinione che visibilmente ed inevitabilmente ha di lui la moltitudine. Dico un sentimento di soggezione e di dipendenza, e di non essere, per dir così, persona intera, ma una parte e un membro solamente, e di appartenere il suo nome ad altrui più che a se. Il qual sentimento, più profondo in coloro che sarebbero più atti alle cose, perché avendo lo spirito più svegliato, sono capaci di sentire, e più oculati ad accorgersi della verità della propria condizione, è quasi impossibile che vada insieme, non dirò col fare, ma sol disegnare checchessia di grande. E passata in tal modo la gioventù, l'uomo che in età di quaranta o di cinquant'anni sente per la prima volta di essere nella potestà propria, è soverchio il dire che non prova stimolo, e che, se ne provasse, non avrebbe più impeto né forze né tempo sufficienti ad azioni grandi. Così anche in questa parte si verifica che nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della stessa misura: poiché l'utilità inestimabile del trovarsi innanzi nella giovinezza una guida esperta e amorosa, quale non può essere alcuno così come il proprio padre, è compensata da una sorte di nullità e della giovinezza e generalmente della vita.”
In ogni cosa ci sono lati positivi e lati negativi. Per esempio se la figura paterna è (o è stata) qualcosa di vantaggioso per la società è anche vero che la presenza di un maschio adulto nella vita di un uomo in formazione può avere degli aspetti negativi. Per esempio il bambino o il ragazzo può sentirsi in posizione di inferiorità e la sua personalità può essere oscurata dalla presenza paterna. Il ragazzo faticherà a diventare un "uomo di casa" e questo può avere anche conseguenze non del tutto positive.
Inoltre il padre può costituire un falso modello da seguire. Il figlio proverà a imitare il padre, magari però lui è diverso da padre o il contesto in cui vive è diverso da quello dell'agire paterno e questo può generare senso di frustrazione. Spesso l'identità personale può anche essere aiutata dall'assenza del padre, magari proprio perché non ha modelli fissi da seguire e può esprimersi seguendo le proprie inclinazioni. Però il tutto è molto a rischio, una buona presenza paterna esclude delle possibilità ma dà risultati molto più sicuri...
Direi in definitiva che il padre è una guida. La guida, il guidare una persona, ha dei risvolti positivi e negativi. Da una parte fornisce sicurezza a una persona incanalandola nei giusti binari in cui dovrà muoversi, dall'altra però può frenare alcuni aspetti della personalità. Ora questi aspetti potranno essere anche negativi, e infatti in questo consiste in buona parte guidare, nel reprimere le pulsioni negative. Però poi tende a formare solo uomini comuni e niente di più.
Lasciati senza guida fin da piccoli gli uomini "sbandano" e possono o uscire di strada e diventare instabili e "squilibrati" oppure possono trovare una propria strada e quindi diventare anche persone importanti...
Forse la guida paterna fornisce più sicurezza che il risultato finale riesca bene, però appiattisce e livella, l'assenza di questa guida può invece fornire più opportunità ma il risultato finale è altamente rischioso.
Ma lo stesso può ovviamente dirsi per la figura materna la quale è una figura genitoriale che tende a bloccare tutto per troppa protettività e paura dei rischi. Lo si vede dai primi anni di vita del bambino, dalle prime cadute, dalle prime pedalate, nuotate eccetera. Il padre tende spesso a stimolare, seppure non di rado tale stimolo può avere un effetto “rompicoglione”, mentre la madre tende spesso a bloccare.
Ma i genitori, il padre e la madre, altro non rappresentano che il mondo maschile e femminile adulto che entra in contatto col mondo infantile. I bambini si approcciano con uomini e donne, col proprio e con l’altro sesso, imparando cosa vuol dire essere uomini e cosa vuol dire essere donne in età adulta. Avviene un processo di identificazione verso il proprio sesso e di relazione con l’altro.
Non è detto che questi ruoli debbano essere per forza assunti dai genitori naturali, né da un singolo uomo e da una singola donna. Esistono culture in cui i ruoli genitoriali sono assolti da una varietà di persone. Anzi il restringere i ruoli genitoriali ai soli genitori biologici è un fenomeno piuttosto recente e tipico della società industriale occidentale.
Oggi, in fase postindustriale, i ruoli genitoriali entrano in crisi. Da una parte sono sempre più iperresponsabilizzati perché in una società complessa come quella attuale è sempre più difficile che due persone si sobbarchino il compito di educare degli esseri umani. Dall’altra un diffuso giovanilismo, un culto della spensieratezza, tipico di una società dei consumi, che impedisce una piena maturazione della personalità, utile per potersi sobbarcare pesanti responsabilità.
L’esigenza di nuovi modelli pedagogici pare avvertita da molti, ma è difficile immaginarne qualcuno all’altezza dell’attuale famiglia monogamica e nucleare. E così si preferisce puntare su questa nonostante la crisi in cui versa. Ma la sua decomposizione continua a manifestarsi attraverso il degrado dei compiti genitoriali. Il ruolo dei genitori oggi è sempre più difficile e sempre peggio riuscito. Eppure è il ruolo paterno ad essere maggiormente attaccato, mentre il ruolo materno, la cui utilità, oltre alla gravidanza e al parto, potrebbe essere altrettanto dubbia, viene quasi sacralizzato. Il motivo è semplice: il padre è un ruolo maschile, la madre un ruolo femminile. Per cui, stando alla regola che tutto ciò che è maschile è il male e tutto ciò che è femminile è il bene, ecco che il ruolo paterno è il male mentre il ruolo materno è il bene assoluto e necessario all’Umanità.
Così per portare avanti l’attacco al padre e la difesa della madre da una parte si sobbarcano i padri naturali di enormi oneri economici e di impegni di tipo “materno”, mentre dall’altro il mondo maschile adulto si stacca sempre più dal mondo infantile e adolescenziale.

Il valore della forza e la forza del valore
Come ben sappiamo una volta le attività principali con cui ci si guadagnava da vivere erano fondate sulla forza, sulla forza fisica. La forza fisica era un valore, una virtù. Oggi viene spesso chiamata forza “bruta” anziché forza fisica o forza pura, e questo appellativo già la dice lunga sulla considerazione che si ha di essa. Pare quasi che sia un difetto, l’uomo vigoroso e muscoloso è considerato o “bestiale” o un “macho”. Ci viene spesso mostrato un aspetto superficiale della prestanza fisica la quale costituisce invece un valore.
Allo stesso tempo, come ho detto in precedenza, un tempo era esaltata, in quanto necessaria, anche la forza psichica, la forza di carattere, che spesso si manifestava nell’eroismo. Oggi non è raro considerare l’eroismo come manifestazione di stupidità, come non di rado si considera migliore l’opportunismo, ma un tempo l’eroismo era un valore, e i valori di una persona avevano una forza non trascurabile. Per infondere valore agli individui era necessaria una disciplina alquanto ferrea e basata sullo sforzo e sulla rinuncia. La disciplina era alla base dell’educazione sia dei più giovani, ma anche un continuo punto di riferimento per gli adulti.
Oggi tutto questo non è più necessario perché la miseria è stata tecnicamente (seppure non socialmente) sconfitta. Oggi con pochi sforzi si può ottenere molto senza rinunciare a nulla. Ma il problema sta nel fatto che questa condizione è del tutto nuova nella storia dell’Umanità, la quale si è formata, per lo più, in condizioni di generale e regolare penuria di beni. Il problema dell’obesità col relativo proliferare di diete e dietologi non raramente di dubbia efficacia, la dice lunga sulla dicotomia esistente tra il nostro modo di essere e la condizione in cui viviamo.
Come ho detto prima, oggi i bambini vengono in genere educati con poche rinunce e accondiscendendo ai loro desideri. Si può fare quindi perché non accontentarli? Ebbene ciò che voglio dire, e che forse scandalizzerà non pochi abituati al solito stupido liet motiv che le donne sarebbero più “mature” degli uomini, è che tra uomini e donne c’è lo stesso rapporto che esiste tra adulti e bambini, dove gli adulti sono gli uomini e i bambini sono le donne. Così come oggi si avverte spesso l’esigenza di accontentare i bambini, di soddisfare tutti i loro capricci, allo stesso modo si fa con le donne. Ecco che molti uomini si sentono in “dovere” non di riconoscere una probabilmente legittima parità tra uomini e donne, ma di garantire una crescente condizione di privilegio alle donne, di fare in modo che l’infelicità sia bandita dalla vita femminile. Non si accorgono che così facendo provocano l’effetto contrario, perché così come i bambini diventano adulti viziati e incontentabili, allo stesso modo il genere femminile diventa sempre più pretenzioso e insofferente.
È ovvio che così come esistono genitori più severi, o almeno previdenti, che non vogliono che i propri figli diventino viziati, provvedendo per loro un’educazione più severa, magari anche troppo, allo stesso modo ci sono uomini che non si sottomettono all’attuale logica di accontentare a tutti i costi le donne e pretendono che esse si assumano le loro responsabilità. C’è però una differenza tra bambini e donne, in quanto mentre i bambini rimangono nell’ambito familiare, le donne invece fuoriescono da questo ed entrano nell’agone della vita sociale. Così viziare le donne diventa anche una questione politica che si traduce nel favorirle nell’accesso alle carriere nei settori in cui non sono portate, garantire che possano soddisfare ogni capriccio anche in ambiti importanti e non certo nell’acquisto di giocattoli. Ecco che lo scontro tra uomini che viziano e uomini che pretendono “disciplina” diventa scontro anche politico.

Femminismo teorico e femminismo reale
Esistono due tipi di interpretazione anche per ciò che riguarda il processo di sviluppo del movimento femminista. La prima la si potrebbe definire quella della “rivelazione”. Secondo questa visione il femminismo, come altri movimenti storici, avrebbe utilizzato degli slogan teorici fasulli durante la fase di ascesa a scopo più propagandistico che come un vero piano volto a essere realizzato. Non che l’inganno rientri nelle intenzioni dei sostenitori, magari questi davvero credevano in questi slogan, ma il movimento stesso fin dall’inizio aveva già prestabilito il suo futuro percorso evolutivo e, una volta assurto a politica di governo, rivelare poi il suo vero volto. Questa interpretazione può essere condivisibile ma fino a un certo punto, perché seppure coglie abbastanza organicamente il processo di evoluzione storica generale di un movimento, è appunto troppo generalista e fa confluire in un unico percorso tutto un insieme di correnti e dottrine che fanno capo a quel dato movimento, come fossero un tutt’uno e senza fare distinzioni tra le varie correnti, spesso anche contraddittorie tra loro.
Più analitica è l’interpretazione che vede una degenerazione nel movimento femminista. Secondo questa prospettiva il femminismo costituiva davvero ciò che in gran parte si dichiarava, ma poi ha subito delle degenerazioni e distorsioni ad opera di resistenze che si sono opposte alla realizzazione delle sue finalità.
Le resistenze opposte al femminismo “verace” della visione “deviazionista” alcuni le vedono come “naturali”, intendendo con tale termine che esse contrastano con un modo di essere intrinseco e precostituito degli esseri umani, ma in tal caso si tende a sfociare nella concezione della “rivelazione” in quanto il femminismo non poteva essere ciò che si dichiarava in fase ascendente, perché contrastava con un modo di essere “immutabile” degli esseri umani. Col termine “natura” infatti i sostenitori di una visione etologica dell’Umanità intendono appunto qualcosa di “sacro” che non può essere “violato”. Ogni dottrina che si prefigge di costruire un mondo “migliore” viene vista come una forzatura alla natura umana e quindi una violenza agli esseri umani.
Molto più in linea con la tesi della deviazione è la visione sociologica dell’Umanità. Secondo tale visione gli esseri umani sono quel che la società li fa essere, come li forma. Pertanto è pienamente legittimo tentare di migliorare le persone perché è così che si formano gli esseri umani e il tirare in ballo la natura costituisce un inganno volto a far rinunciare di assecondare il desiderio di cambiamento in meglio ed accettare l’ordine costituito (anche se ci sarebbe da stabilire la giustezza di ciò che si intende con la parola “meglio”...). Le resistenze opposte a vari movimenti, tra cui anche quello femminista, sarebbero pertanto di natura sociale, ossia tutto un insieme di spinte socio-economiche avrebbero opposto un freno e un dirottamento dalle intenzioni reali dei vari movimenti di cambiamento impedendo la loro realizzazione e anzi distorcendoli e utilizzandoli ai propri fini di conservazione.

A cosa ha portato e dove è giunto il femminismo
Ma, come ho detto prima, alla fin fine le donne non hanno ancora perso quel modo di essere che le ha caratterizzate per secoli: essere una merce, solo che adesso sono una merce libera, libera di stabilire le condizioni della propria vendita. Oggi le donne sono una merce che si autovende, che sceglie di persona a chi vendersi, chi è il migliore offerente, nonché quando, come, dove e a che prezzo vendersi. È ovvio che però deve tener conto delle leggi del mercato e che ogni donna avrà un diverso grado di successo. È ovvio altresì che non è detto che tutte le donne abbiano le opportune garanzie di successo nel perseguire i propri intenti.
Qui ora non intendo affermare nulla riguardo capacità o incapacità naturali o artificiali di uomini e donne, ma intendo solo esporre la realtà dei fatti come la si vede.
Forse inconsciamente molte donne, e ragazzine in particolare, percepiscono che non ci sono stati dei veri progressi sostanziali verso una parità come la si era prefissata, che i ruoli chiave nella società sono ancora prerogativa degli uomini perché troppo costerebbe alle donne occuparsene in prima persona. E così l’odio (e l’invidia?) verso il genere maschile monta, come attestato da molti siti (http://riotgirls.forumcommunity.net/; http://chiara-di-notte.blogspot.com/; http://blog.libero.it/taniarocha). E che dire del disprezzo che dimostrano e che ben poco le rende onore (http://www.artereale.it/docs/MUSA_LOCANDINA.pdf; http://www.artereale.it/eventi_uomo.html) che nulla ha a che vedere con la grande capacità di ammirare l’altro sesso che gli uomini hanno mostrato nella storia e che mostrano tuttora (http://www.uomini3000.it/495.htm). E gli uomini che fanno loro notare l’amara e dura realtà allora sono tacciati per misogini e maschilisti, magari di avere problemi col genere femminile, oppure, udite udite, di essere (loro) incazzati perché le donne avrebbero “guadagnato” un posto “centrale” nella società (sic!), se non addirittura avrebbero paura o sarebbero frustrati per aver perso (?) una “centralità” che prima avevano. Insomma si ribalta la frittata e, seguendo uno schema classico e puerile, si attribuiscono a questi uomini paure e frustrazioni che invece avvertono a pelle quelle donne.
Dall’altro lato istituzioni e media si sforzano a più non posso di far passare le donne come esseri divini e invincibili a fronte di poveri “maschietti” stupidi e incapaci.
E così ci si ripiega in iniziative faziose e sessiste (http://questionemaschile.forumfree.net/?t=18208676; http://www.uniurb.it/giornalismo/lavori2004/cuccato/Uomini_fuori.htm; http://www.casainternazionaledelledonne.org/) in piagnistei assurdi, deliranti e ripetitivi (http://antifeminist.altervista.org/analisimedia/toilette_svezia.htm; http://antifeminist.altervista.org/notizie/2006/28_12_2006.htm; http://antifeminist.altervista.org/notizie/2007/3_4_2007.htm) perché nient’altro è possibile fare, almeno nel breve periodo, il periodo che serve ai potenti per conservare il potere, ai politici per farsi propaganda, ai media per fare audience, alle varie aziende di attrarre consumatori e alle istituzioni per farsi “belle”.
E sotto la maschera ipocrita di una “parità” fasulla che ormai non c’è più e che è fatta a pezzi dal continuo piagnisteo femminista ormai anacronistico e fuori luogo, aumenta solo l’odio misandrico e il sessismo favoritista verso il sesso femminile.
È ovvio che poi questo odio generi altro odio, e che sempre più uomini, sotto il bombardamento continuo della misandria dilagante e continuamente negata, diventino a loro volta misogini e disprezzino le donne (http://questionemaschile.forumfree.net/?t=14259022), anche se ci sarebbe da dire che il disprezzo manifestato dalla donne, e non solo, verso il sesso maschile difficilmente trova un corrispettivo simmetrico nella misoginia.
Il femminismo odierno è carico di misandria, di odio verso il genere maschile. Molti attribuiscono questa misandria a una spinta innata del genere femminile (contrastare il “costo del maschio”?), altri all’invidia di non esser uomini, come per esempio la classica “invidia penis”, mentre altri, come Warren Farrell, la considerano un qualcosa che è stato indotto dalla società.
Qualche spiraglio di soluzione
Quindi l’attuale sessismo femminista è il risultato di un’evoluzione scontata del movimento femminista o di una degenerazione dovuta al contrasto con le forze di conservazione sociale? Entrambe le affermazioni dicono la stessa cosa. Lo stesso fatto che un movimento che si è occupato fin dall’inizio della questione dei generi abbia assunto il nome di “femminismo” la dice lunga sulla sua parzialità. Così l’esistenza di ruoli specifici di genere nel passato vuol dire che i due sessi avevano delle loro specificità naturali. Ora aldilà della “profondità” e del grado di “dettaglio” che avevano queste specificità, non si può negare che esse fossero comunque idealizzate, standardizzate ed enfatizzate dalle società che hanno preceduto la nostra. Anche l’esistenza di forze sociali conservatrici mostra qualcosa sul modo di essere degli umani. Né si può negare che gli esseri umani siano soggetti a evoluzioni e mutamenti nel corso della storia, e così il modo di essere uomini e di essere donne. L’importante è che questa evoluzione porti a un equilibrio equo, lungi quindi dalla falsa parità odierna.
La falsa parità odierna, che ora vogliamo vederla come un fallimento di un femminismo verace sostituito da un femminismo sessista e frignone o come la rivelazione del vero volto del femminismo, di certo siamo di fronte e un’ipocrita scenografia di rattoppo e mascheramento di una parità che nei fatti non c’è.
Io non so se la parità tra uomini e donne potrà mai esserci, e per parità intendo sia dei diritti che dei doveri, nonché l’abbandono di antichi privilegi, ma so di certo che un abito non lo rendi nuovo con le toppe. Ecco perché, almeno per il momento, alla luce di quanto ha promesso e ancor oggi ipocritamente promette, il femminismo si è rivelato sotto la superficie falsa, quello che realmente è stato finora: un vero e autentico FIASCO!
Per cui la strada verso la parità, semmai questa potrà mai esserci un giorno, non è certo quella femminista. Si Richiede qualcosa di nuovo e più obiettivo, che magari faccia proprie le vere istanze degli individui maschi e femmine e non che si fonda su parametri numerico-quantitativi. Magari la formula per il futuro rapporto tra i generi sarà “Parità nella forma, Equità nella sostanza”, intendendo con questa formula che tutti i cittadini, maschi e femmine, sono posti sullo stesso piano e visti allo stesso modo, pari e uguali, davanti alla legge e ai principi giuridici, ma nel concreto della vita quotidiana dovrà essere l’equità il principio basilare del rapporto tra i sessi. Equità consisterebbe nel fatto che, nell’ambito dei vari rapporti, ognuno dà quanto riceve senza che nessuno ci rimetta. E perché ciò accada non c’è bisogno che le varie parti abbiano gli stessi ruoli e le stesse propensioni, che occupino gli stessi numeri di posti nei vari settori della vita sociale, ma anche con una certa divisione dei ruoli, che potrebbe sorgere in modo del tutto spontaneo nel pieno rispetto delle aspirazioni individuali, può esserci questo “bilanciamento”. Sarebbe a dire che se gli uomini dovranno assumersi loro prevalentemente i mestieri più a rischio e più faticosi è giusto che guadagnino in relazione del rischio e della fatica che essi si assumono. Se pertanto gli uomini guadagnano di più è cosa giusta e buona fintanto che le donne non si assumeranno tali mansioni nello stesse proporzioni con cui se le assumono gli uomini, semmai le donne potranno farlo.
L’equità vuole, infine, il pieno rispetto della libertà del donare. Se la propensione principale degli uomini è il dono questo dono deve essere libero e la scelta della sua concessione deve rientrare nel pieno della libertà dell’individuo e non essere in nessuna maniera imposta. Un dono imposto non è più un dono ma un’estorsione. E inoltre ogni dono deve essere pienamente riconosciuto. Ma anche chi decide di non donare non deve essere sottoposto ad alcun giudizio negativo. Bisogna rispettare chi non vuole donare come ammirare chi dona con intelligenza e disprezzare chi dona con dissennatezza. Perché il dono maschile è qualcosa di prezioso e che va vista come tale e non da buttare via.
Da tenere ovviamente conto che nell’attuale contesto conviene donare il meno possibile, soprattutto alle donne, in quanto già fin troppo favorite e privilegiate a fronte di uomini già fin troppo sobbarcati di oneri e doveri di sorta. Pertanto i doni del terzo tipo, quelli fatti in maniera inconsulta, sono probabilmente la maggioranza, se non addirittura la quasi totalità o addirittura la totalità.

Commenti

  1. Post molto lungo e impegnativo, ma ben fatto e inoltre molto ben argomentato.
    Bravo!

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  2. Grazie anonimo!
    Si è molto lungo e impegnativo, ma mi è risultato difficile affrontare l'argomento in maniera più sintetica.
    Vorrà dire che lo leggerano pochi "eletti", fa niente! ;-)

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  3. Grande post,lungo e argomentato.Ho trovato una certa difficoltà ad arrivare alla fine e a causa della lunghezza mi domando il tempo impiegato a scriverlo.
    Come stile mi ricorda quello di un sultano che ha ammazzato i forum con i suoi post lunghissimi e che inviava i suoi saluti dalla sublime porta.Sei suo parente?

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  4. Caro Ottomano, grazie per il tuo commento, anche se trovo un po' strano. Non capisco se mi sfotti o se i tuoi sono sinceri apprezzamenti. Nel dubbio li riterrò sicneri apprezzamenti e di nuovo ti ringrazio.
    Ciao

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  5. Complimenti...
    un po' di Marx mescolato con linguaggio situazionista... e vai con una sbrodolata kilometrica...
    Continua così...

    Siggy

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  6. Certo che continuerò così caro/a Siggy, grazie dei complimenti.
    Tu però evita certa robina che fa male al cervello...

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  7. Veramente questo post ha un approccio epistemologico e la lunghezza è dovuta alla vastità e complessità dell'argomento, tra l'altro molto ben trattato.
    Marx e il situazionismo non c'entrano un fico secco.
    Certo che la droga è proprio una piaga sociale.

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  8. Ecco alcuni link relativi al situazionismo:

    http://www.google.com/search?q=situazionismo&rls=com.microsoft:it:IE-SearchBox&ie=UTF-8&oe=UTF-8&sourceid=ie7&rlz=1I7HPNN

    http://it.wikipedia.org/wiki/Situazionismo

    http://guide.dada.net/arte_moderna/interventi/2005/04/205607.shtml

    http://guide.dada.net/arte_moderna/interventi/2005/03/203874.shtml

    http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna//990429.htm

    http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=11497

    http://www.bopsecrets.org/italian/situationism.htm

    http://www.ecn.org/elpaso/distro/libri/nautilus/situazionismo.htm

    http://www.associazionesemiotica.it/ec/contributi/de_baptistis_31_12_05.html

    http://www.associazionesemiotica.it/ec/pdf/de_baptistis_31_12_05.pdf

    Mi sapete dire che cacchio c'entra con questo post? Ma è tanto difficile apprezzare un buon testo senza fare i saputelli del cazzo?

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  9. Anonimo: Ma è tanto difficile apprezzare un buon testo senza fare i saputelli del cazzo?
    _______________

    Beh, caro anonimo, parrebbe di si!
    Ma non prendiamocela, porgiamo un sorriso a queste povere anime che vagano nel buio.
    Quanto son buono eh? Se credessi in dio sarei proprio un buon cristiano. Ma grazie a dio sono ateo!:-)

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  10. No no sono sincerissimo.Mi è veramente piaciuto il tuo post.Me lo sono anche salvato per poterlo rileggere con calma.Continua così che vai bene e non ti curar di loro ma guarda e passa.Fatto non fosti per viver come un bruto ma per seguir virtute e canoscenza.E poi non temere che i tuoi detrattori e quelli che non sono in accordo con te si smaschereranno da soli perchè tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, come sai bene.E comunque, per male che vada, come si dice?Mal comune mezzo gaudio.

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  11. I ringraziamenti dovremmo farli a te noi lettori del tuo bel blog e per il tempo che spendi a scrivere dei dotti saggi di tal portata.E poi a caval donato non si guarda in bocca.

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  12. Ora non esageriamo però.
    Ma comunque chi è sto sultano ammazza forum?
    E cos'è sta sacra porta che salutava?

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  13. Il sultano era della sublime porta, non sacra.Ammazzava i forum è un eufemismo.I suoi post lunghissimi erano una prova non indifferente per le testicolari protuberanze ma erano interessanti.Posso esprimere la mia opinione sincera?"Chi troppo vuole niente stringe" e le donne prima o poi si ritroveranno in mano "un pugno di mosche".Il fatto è che ormai si sono fatte cuccare con le "mani dentro il barattolo della marmellata".Inutile che adesso adducano scuse."Scusa non richiesta colpa manifesta".Però è una gran soddisfazione vederle ai "ferri corti".In effetti basta "sedersi sulla riva del fiume e aspettare".Comunque "chi dorme non piglia i pesci".Se ci fermiamo a discutere va a finire che poi tu non hai più tempo per andare avanti con la tua splendida analisi della situazione.

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  14. Mi piacerebbe sapere in quali forum è intervenuto questo sultano.

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  15. Azz... vedo che il primo argomento usato nella risposta è che sarei un drogato...
    Il metodo mi ricorda qualcosa...
    Il secondo argomento è il risultato di una ricerca con google... esempio di cultura sublime...cultura Web direi...
    So bene di aver offeso sia Marx che i Situazionisti, accostandoli al mitico Giubizza...
    Scusate il disturbo...
    ps... secondo me è un po' sospetto questo "ottomano" che parla del sultano in terza persona...

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  16. Guarda Siggy, o chi tu sia, che io (almeno io, poi per gli altri non rispondo io!) ho celiato proprio perché Marx e i situazionisti non c'entrano un bel niente e figurati quanto me ne frega di costoro. Certo che li offendi accostandoli a me: loro sono dei personaggi di rilievo, io non sono nessuno. Ma non è questo il problema.

    Più che altro il tuo "metodo" e il tuo linguaggio, le tue insinuazioni, ben poco si addicono alla "cultura sublime" che magari ritieni di possedere e che si opporrebbe alla cultura "web", eh!

    Per i tuoi "sospetti" puoi benissimo tenerteli, non che siano poi tanto importanti.

    Comunque ti lascio con un consiglio fraterno: prendila con filosofia!

    Ciao

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  17. Vedo che i permalosi paranoici non risparmiano il tuo sito, Giubizza.
    Comunque non preoccuparti e complimenti per i tuoi post.

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  18. Uff! Li conosco benissimo i berlusconiani alla Siggy. Convinti di essere divinamente ispirati, di possedere una vasta e profonda "cultura" guardano tutti dall'alto in basso.
    Cattolici ferventi vanno a messa tutte le domeniche e al momento dell'eucarestia vanno in un momentaneo coma profondo da crisi mistica.
    Tremano al solo sentire parlare di comunismo e subito tirano in ballo regimi e dittature che col comunismo non hanno nulla a che vedere se non bandierine e parole di lessico marxista. Snobbano tutti ma non conoscono un cazzo di niente. Non sanno cosa è il marxismo né cosa è il comunismo. Ma neanche ne sanno poi molto di liberismo e capitalismo.
    In fondo ciò di cui hanno veramente una apura folle è la loro immensa, ampollosa e snobbistica ignoranza.

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  19. Fox, ho pubblicato il tuo commento perché era piuttosto "simpatico", se vogliamo...
    Ma adesso basta con gli attacchi personali. Ogni commento che abbia per oggetto un attacco personale verso chiunque sarà rifiutato.
    Possibile che non sappiate attenervi all'argomento e scalmanate come bimbetti dell'elementari? Se non avete niente di costruttivo da dire fareste molta più belle figura a votarvi al silenzio. E non crediate che l'anonimato di internet vi giovi più di tanto...

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  20. Sorry, ma quando ce vuole ce vuole!:(

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  21. Ok, ma basta così.
    Mi piacerebbe invece sapere qualcosa di più riguardo il "sultano" di cui parla Ottomano.
    Spero che sarà così gentile da parlarmene e magari da indicarmi i forum in cui è intervenuto.

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  22. E' consentito un pacato commento da un "berlusconiano"? (eheheh che profilo azzeccato...).
    Personalmente non ho insultato nessuno.
    La cultura consente di disquisire di qualsivoglia argomento senza dover fare una ricerca con Google.
    E' singolare che chi parla di rivoluzione industriale, di classi sociali,di donna merce,di "valore della forza e forza del valore", non sappia di aver, almeno inconsciamente, attinto al patrimonio lessicale marxista e situazionista. Parlo di patrimonio lessicale, lasciamo perdere i concetti in sè. D'altronde, se qualcuno non lo sa, non è certo una ricerca con Google che gli può schiarire le idee.
    Quanto alla mia "insinuazione" vorrei solo far notare che il signor Ottomano fa continui riferimenti ad certo "sultano" che su altri forum si firmava Beyazid II Ottomano.
    E' un'insinuazione dire che firmando in quel modo il signor Ottomano si intorbida da se stesso?
    Con tanta filosofia...
    Siggy

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  23. Siggy, secondo me ne stai a fare una questione un po' troppo grandicella. Scusa ma secondo te io quando scrivo mi metto a pensare a che lessico devo rifarmi. "Come lo scrivo questo testo? Uso un lessico strutturalista o esistenzialista? Ah no aspetta, mi rifaccio al superuomo di Nietzsche. Oppure do un'intonazione kantiana?" No dai non è così che funziona per me.
    Comunque si, è vero, sono per lo più di formazione marxista ma non sono marxista perché non sono schierato. Il linguaggio non credo sia molto marxista perché se leggi un testo marxista ti ritrovi tra i cosiddetti 50 volte ogni riga parole tipo "proletariato", "borghesia", "plusvalore" e roba varia. Un po' meno negli scritti più seri, ma manco tanto poco...
    Non volerne con l'anonimo che ha postato i link: siamo su internet e una ricerchina non guasta mai. Del resto per chi ignora gli argomenti credo che Wikipedia sia abbastanza buona per farsi un'idea.
    Per Ottomano direi che sinceramente mi sovviene il sospetto che sia proprio tu.
    Ma fa niente.
    Ciao

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  24. Ottomano e la sublime porta?

    Guardate qui:

    http://la-sublime-porta.blogspot.com/

    http://la-sublime-porta.blogspot.com/2006/10/prima-lettera-del-sultano-beyazid-ii_20.html

    http://la-sublime-porta.blogspot.com/2006/12/il-sultano-di-costantinopo_116672017539825849.html

    Scusa Siggy: stavolta una ricerchina su internet l'ho fatta io, non avermene. :-)

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  25. Beyazid II Ottomano, da me soprannominato Rapanello, intasava un forum avente come oggetto sociale la peripateticosofia chiamato Escortforum...
    Chiara di Notte potrebbe garantire per la mia identità.... ma non oso chiederglielo.
    Comunque i miei chiarimenti erano principalmente rivolti ai tuoi lettori
    Scusate il disturbo...
    Siggy
    ps per i lettori: digitando su google peripateticosofia non si ottengono risultati.... cavoli vostri!!!!!!!!!!!

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  26. Ho capito: tu sei il tipo che mi ha riempito il post sull'arte (http://giubizza.blogspot.com/2007/07/strana-societ-maschilista.html) di una buona 50ina di commenti e più con diversi nomi e adesso stai facendo lo stesso con questo post.
    Magari sei lo stesso di "dolcerelax" con cui ero in contatto fino a poco tempo fa via e-mail, magari lo stesso Paolo accusato di essere Chiara di notte o anche lo stesso o la stessa Chiara di notte.
    Non che mi dispiaccia ma certo che io mi preoccuperei un pochino...

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  27. esiste però un Rapanello:

    http://www.splinder.com/profile/rapanello

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  28. Ecco un altro post incasinato da quel pazzo o quei pazzi di quel forum di puttane!

    RispondiElimina
  29. Ho l'impressione che, nel momento in cui si richiede un minimo di utilizzo del neurone, qui si vada in tilt...
    Il post sull'arte non l'ho nemmeno letto...
    "Ottomano" vi manda dei post e voi non capite nemmeno che vi sta pigliando per il culo...
    A riscusate il disturbo...
    Siggy

    RispondiElimina
  30. Ok, Siggy. Grazie per le tue preziose "illumination".
    Tanti saluti

    RispondiElimina
  31. Meno male che ci sei tu, Siggy, che sai usare bene i neuroni e illumini noi poveri mortali!
    Tu forse però non ti rendi conto che qua l'unico/a che prende veramente per il culo, se stesso/a però non gli altri, sei proprio tu.

    RispondiElimina

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